La libertà è nella rinuncia

 

Cito:

“Nel pannello che illustra la “Resurrezione”, i popoli cercano la soluzione alle loro tristi e dolorose vicissitudini trovando la forza per superarle nella fede e nell’organizzazione della ricostruzione . Accanto a Cristo in croce c’è un rabbino e una donna che tiene in braccio il suo bambino cercando salvezza, conforto, speranza. Chagall raffigura se stesso come uno spirito (è azzurro) parallelo alla croce e a testa in giù, con lo sguardo fisso mentre dipinge il Cristo sofferente. Il cielo è ancora di colore rosso sangue, ma una luce si alza dalla folla ad indicare il cammino, la resurrezione, la rinascita.”

 

La sensibilità spiccata di Eliot, intellettuale statunitense premiato con il Nobel per la Letteratura nel 1948, ha condotto ad una produzione poetica che costituisce l’enciclopedia delle sensazioni dell’uomo che vive il Secolo Breve, del quale noi non siamo altro che una vacua evoluzione. The Hollow Men (Gli uomini vuoti) è una poesia che Eliot scrive nel 1925. Già ne “La Terra Desolata” Eliot, citando Dante, presenta gli uomini del XXI secolo come anime dell’Inferno, spettrali, vacue, come in effetti sono gli uomini immobili in The Hollow Men.

Una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta, Ch’io non avrei mai creduto che morte tanta n’avesse disfatta. Sospiri, brevi e infrequenti, se ne esalavano, E ognuno procedeva con gli occhi fissi ai piedi.

Gli uomini vuoti si presentano direttamente attraverso un monologo drammatico: essi non hanno identità, personalità, non riescono a stare in piedi da soli e sussurrano parole vuote. Questi sono, per utilizzare la terminologia della storia letteraria, il correlativo oggettivo dell’uomo moderno, quegli stessi viventi moribondi che affollavano, come si è detto, “La Terra Desolata”.

Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l’un l’altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
Le nostre voci secche, quando noi Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell’erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti Nella nostra arida cantina.

[…]

Riflettendo sulle parole di Eliot viene spontanea la riflessione su “l’uomo che se ne va sicuro” di Montale in “Non chiederci la parola”. Montale scrisse il testo nel luglio 1923 e lo pubblicò nel 1925, proprio l’anno de “Gli Uomini Vuoti”. Non c’è una formula magica che possa sconfiggere il male di vivere, che è connaturato con l’esistenza stessa dell’uomo, né che possa vincere il dubbio. Non ci sono parole che possano assolverci dall’obbligo di pensare, di lasciare spazio alle nostre emozioni, alla nostra sensibilità, anche se molti presuntuosi e superficiali, che non conoscono neppure se stessi e la realtà difficile che li circonda, credono di avere e diffondono sicurezze incrollabili.

[…]

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

[…]

Alla luce di queste considerazioni la poesia di Eliot dai “Quattro Quartetti” si carica di un significato profondissimo, si veste del sentimento della libertà. Si tratta di una libertà spirituale, della più alta delle libertà, la libertà di non essere uomini vuoti con la testa di paglia, la libertà di non essere l’uomo che se ne va sicuro: è il potere del pensiero critico, la libertà di vedere e sentire ciò che è, invece di ciò che dovrebbe essere, era o sarà. La libertà di provare ciò che realmente che si prova, invece di quello che sarebbe necessario. E noi diventiamo più consapevoli, entriamo anche più in sintonia con noi stessi. Risulta però necessario mettere in evidenza il fatto che in quest’opera Eliot si faccia ancora una volta fervente sostenitore della fondamentale importanza dei valori cristiani, passandone in rassegna i paradossi, che sono alla base della fede. Eliot vede nei principi della religione tradizionale l’unica via per sfuggire alle disfatte del mondo moderno, e attraverso questi principi si possono raggiungere la pace e la serenità, in un orizzonte di moderato ottimismo, tutti requisiti fondamentali per il raggiungimento della libertà spirituale. Se presterete attenzione nella lettura, scorgerete tra i versi le parole di Gesù, che ci vengono raccontate da Luca e da Matteo (Mt 16, 25): “perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.

O buio buio buio. Tutti vanno nel buio,
nei vuoti spazî interstellari, il vuoto va nel vuoto,
i capitani, uomini d’affari, gli eminenti letterati,
i generosi patroni dell’arte, gli uomini di stato e i governanti,
gli esimi funzionari, i presidenti di molti comitati,
i capitani d’industria e i piccoli imprenditori, tutti vanno nel buio e buio è il Sole, e la Luna, e l’Almanacco di Gotha e la Gazzetta della Borsa, l’Annuario delle Società Anonime,
e freddo il senso ed è perduto il motivo dell’azione.
E noi tutti andiamo con loro, nel funerale silenzioso,
funerale di nessuno, perché non c’è nessuno da seppellire.

[…]

Voi dite che io ripeto qualcosa che ho già detto prima. Lo dirò un’altra volta
dovrò dirlo un’altra volta? Per arrivare là,
per arrivare dove siete voi, per andare via da dove voi non siete,
dovete passare per una strada dove non c’è estasi. Per arrivare a ciò che non sapete dovete passare per una strada che è la strada dell’ignoranza. Per possedere ciò che non possedete dovete passare per la strada della privazione. Per arrivare a ciò che non siete dovete passare per la strada in cui non siete.

E ciò che non sapete è la sola cosa che sapete e ciò che avete è ciò che non avete e dove siete è dove non siete.

Il brano si apre con una fierezza ricorda l’uomo che se ne va sicuro delle sue certezze, le spaccia agli altri come verità incrollabili. I toni come d’improvviso però si smorzano, diventano meno prepotenti, risoluti, di un’allegria nuova. Il tema viene ripreso e variato in una chiave più serena, quasi rassegnato alla sua inesorabile evoluzione. Rachmaninov è un genio…