“Non buttiamoci giù” di Nick Hornby

 

 

 

 

“Mi ha dato una siga e mi ha detto che si chiamava Bong, e quando gli ho chiesto com’è che si chiamava Bong mi ha risposto perché fuma sempre l’erba nel bong.” 

Ho dovuto scegliere tra “Non buttiamoci giù” ed un libro sulla fisica applicata alla quotidianità e la mia decisione, da bravo studente di liceo scientifico, è stata istintiva e sbagliata. “Non buttiamoci giù” è il classico romanzo per chi ha intenzione di leggere ma non ha voglia di farlo, in cui lo stereotipo dell’adolescente stolto, volto a valori futili e illetterato è la chiave di volta che mantiene la stabilità di una storia banale. Definito “romanzo psicologico” dalla critica, di psicologico ha ben poco. I personaggi sono piatti, uno meno rilevante dell’altro, i dialoghi brutalmente sgrammaticati – probabilmente nel tentativo di attenersi incredibilmente male allo stereotipo cui si è già accennato – e la narrazione è impreziosita da un repentino scambio tra i punti di vista dei vari complessi e sfaccettati personaggi, il cui risultato è un’esposizione piuttosto confusa nella quale del narratore muta solo il nome e non le sensazioni, lo stato d’animo, l’età mentale o la percezione del mondo, e degli altri, che sembra inesistente. Una storia cominciata quasi bene ma avviata quasi malissimo, scivolata in modo subitaneo verso la commedia sgangherata che non diverte (si veda il relativo film per un riscontro immediato). Un libretto poco impegnativo, forse troppo poco, che non coinvolge, non lascia messaggi, fa perdere tempo, scritto per vendere e deludere. Et si volueris attendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus.

n.d.r. (nota del recensore) Se riuscite ad andare oltre la metà citofonatemi. Scusa Nick, non siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

s.n.d.r. (seconda nota del recensore) Discepoli della bellezza, difendete le belle lettere!

Alessandro Pizzato

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