Whiplash, regia di D. Chazelle con M. Teller e J. K. Simmons

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Chi di noi non ha mai visto un film sulla musica, sulla vita di un musicista o di un gruppo musicale? La maggior parte dei registi ci propone una versione romanzata, addomesticata della realtà e, allora, ci ritroviamo ad ascoltare monologhi sulla passione e l’amore per uno strumento, ogni tanto qualcuno menziona i sacrifici che si fanno per raggiungere l’eccellenza, nessuno mai propone film in cui ci venga davvero mostrato che cosa vuol dire fare musica. Questo è Whiplash. La trama è lineare, pulita, senza personaggi superflui o giri di parole. Abbiamo un allievo, un insegnante e un sogno: diventare il nuovo Charlie Parker. Ma Charlie Parker non diventò Charlie Parker fino a quando Jo Jones non gli tirò un piatto. È questa la dottrina di Terence Fletcher, lo spietato insegnante del conservatorio Shaffer, che instaura con i suoi allievi un rapporto di puro terrore spingendoli a suonare fino a rompersi le mani, e non è ancora abbastanza. Se vuoi la parte te la guadagni, il posto puoi perderlo in una sola esecuzione inesatta, “se ti permetti di sabotare il mio lavoro io ti sgozzo come un maiale”, “e adesso smettila di piangere come una bambina di nove anni sulla mia batteria”.
L’interpretazione di J.K. Simmons è sensazionale tanto che l’attore si è aggiudicato l’Oscar a migliore attore non protagonista nel 2015. Miles Teller, una rivelazione. La fotografia merita una menzione, incentrata com’è sui toni del blu e del giallo, rende l’atmosfera estremamente intensa. E il jazz. Due brani soltanto: Whiplash e Caravan, accompagnano la vicenda e sono ciò che regala la fama e ciò che la strappa.
Buona musica, grande recitazione e sapiente regia, fotografia da ricordare. Tutto questo è Whiplash.

Vittoria Asia Segantin

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